Leggende

La Bràgiola

Tutti i giorni lo zio Toni si recava da San Bartolomeo alla Costa per mungere le sue mucche. Una volta, sulla via del ritorno, si accorse di essere inseguito da una bràgiola nei pressi di Tavagnagh. Le bràgiole sono dei mostri molto pericolosi simili alle scimmie che abitano in alcune località della valle tra cui Ponte Dovia e Tavagnagh. Lo zio Toni si rifugiò subito in una stalla di paglia sperando che la bràgiola lo lasciase in pace. Purtroppo pero’ essa aveva capito dove lo zio si era nascosto e continuava a graffiare la porta di legno della stalla gridando: “Uff, uff sent odor de crestian, uff, uff”. Allora lo zio, presi la sua camicia e i calzoni, li imbottì di paglia, quando ebbe finito lanciò quello che sembrava una specie di spaventapasseri fuori dalla finestra lungo la bruga (pendio). La bràgiola, scambiandolo per un uomo, rincorse i vestiti pieni di paglia fino al fiume in fondo alla valle. Lo zio Toni usciì di corsa e corse fino a raggiungere la chiesetta di San Rocco e le prime case di San Bartolomeo. A questo punto si fermò e vide nel fondo della valle la bràgiola che, furente per essere stata imbrogliata, strappava i vestiti del pupazzo. Allora lo zio la schernì e gridò: “Bràgiola, bràgiulina, basum ‘l cul ca som a cà mia!”. La bràgiola cerco’ quindi di raggiungerlo, ma era ormai troppo tardi perchè lo zio si era rifugiato nell’osteria Mater, dove, poco prima, era stato messo a raffreddare all’esterno un “test” (tegame usato per fare la matuscia) rovente. La bràgiola, stanca per l’inseguimento, si sedette scornata per riposare sul “test”, scambiandolo per una panchina. Appena seduta si bruciò e gridando “Ahi! Ahi! ‘l me cul!!” corse al fiume dove dovette restare a mollo per tre giorni e tre notti per rinfrescarsi il sedere bruciato. Ancora oggi a Tavagnagh è possibile vedere i segni lasciati dalle unghie della bràgiola sulla porta della stalla in cui lo zio Toni si era rifugiato.

Fonte: Il Quaderno di S. Bartolomeo Val Cavargna, Scuola Elementare S. Bartolomeo, anno scolastico 1987-1988

La leggenda della chiesa di San Rocco

In Sebol, dove si portavano le mucche a pascolare, vi era il “Barch Veg” (la casa delle mucche). Nelle vicinanze viveva un mostro per metà serpente e per metà drago. Una volta, questi fece scappare tutte le mucche giù per Oggia. Allora i padroni del Barch Veg dissero: “San Roc fa fermà i vaca ca te fam’ na gesa” (San Rocco fai fermare le mucche e ti costruiremo una chiesa). Sentita l’implorazione, il santo fermò le mucche appena sotto Piendenava, ormai alle porte di San Bartolomeo. In segno di ringraziamento, proprio in quel punto gli abitanti del paese edificarono una chiesetta in onore del santo che li aveva aiutati.

Fonte: Il Quaderno di S. Bartolomeo Val Cavargna, Scuola Elementare S. Bartolomeo, anno scolastico 1987-1988

La vegia d’la brughera

Questa è una leggenda che veniva raccontata ai bambini per farli divertire. Racconta di una donna molto vecchia che viveva sopra il paese di San Bartolomeo, al margine della frazione di Oggia, vicino ad una grotta circondata da faggi. La vecchina era molto vecchia e molto brutta, si racconta che avesse solo un dente e la casupola era piccola e mal tenuta. I bambini e i ragazzi evitavano di passare di lì perché ne avevano paura. Una sera, alcuni monelli decisero di derubare la vecchina convinti che nella casa fosse nascosto un tesoro. All’imbrunire, si appostarono all’unica finestra della casupola della vecchina e attesero che si coricasse per derubarla. La vecchia si stava preparando la cena, accese il fuoco, pose una pentola con dell’acqua sul focherello al centro della stanza e vi aggiunse tre fagioli o tre piselli. Di quali legumi si trattasse non lo sappiamo. Sappiamo soltanto che non erano più di tre. Quando la minestra fu pronta, la vecchina la versò in una scodella di legno e si sedette sulla panca per mangiarsela. Un cucchiaio dopo l’altro la vecchina sorseggiava la minestra. Ad un certo punto si stizzì perché non riusciva a prendere nessun fagiolo e gridò: “possibile che di tre non riesca a prenderne almeno uno?“. I ragazzi in attesa alla finestra si guardarono l’un l’altro spaventatissimi e cominciarono a correre giù per il pendio convinti che la vecchia si riferisse a loro. Da quel giorno lasciarono in pace la vecchina perché lo spavento era stato proprio grande!

Fonte: Adelina Curti, S. Bartolomeo V.C., 1919 - 2014

L’ luv e la volp

Una volta c’erano un lupo ed una volpe che tutti i giorni andavano a rubare il latte al pover Minela. Un giorno, penetrati nella cantina da una finestra, bevvero tutto il latte, ma, mentre la volpe stava attenta a non berne troppo per poter ancora fuggire, il lupo ne bevve così tanto da non poter più passare dalla finestra. Arrivato il pover Minela, la volpe scappò subito dalla finestra, mentre il lupo non potè visto che non ci passava, allora il pover Minela gli diede tante manogiate (bastonate) e poi lo lasciò andare. Appena uscito dalla cantina la volpe, che lo aspettava, gli disse: “Ohh! La mia schiena e le mie ossa che male! Potresti portarmi in spalla?”. Il lupo ignorante la portò in spalla mentre quella cantava: “N’daram da ‘nda ‘l malà ‘l porta ‘l san!” (dove andremo a finire se il malato porta il sano). Cammina e cammina, arrivati nella val di Sedona il lupo morì di stanchezza.

Fonte: Il Quaderno di S. Bartolomeo Val Cavargna, Scuola Elementare S. Bartolomeo, anno scolastico 1987-1988

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