San Lucio

Lucio di Cavargna, probabilmente vissuto tra il XII e il XIII secolo, fu un pastore e casaro di grande bontà e carità in Val Cavargna. San Lucio è protettore degli alpigiani e dei casari. Nel corso dei secoli il suo nome assunse molteplici forme: Uguzzo, Uguzzone, Luguzzo, Luguzzone e Lucio. Per quanto riguarda i suoi attributi iconografici, il santo sostiene con la mano sinistra una forma di cacio mentre con la destra brandisce il coltello del formaggiaio nell’atto di affettare il cacio per distribuirlo ai poveri.

Due sono le fonti principali da cui i diversi biografi hanno attinto notizie storiche e leggende su San Lucio. Monsignor Bescapè, vescovo di Novara, autore dei “Fragmenta Historiae Mediolanensis ecclesiae” racconta che “la tradizione lo vuole pastore sotto padrone. Pur essendo poverissimo, egli non esitava a distribuire il suo ai poveri. L’avaro padrone, al cui servizio si trovava, vedendo la sua generosità, non solo non si scosse dalla sua grettezza ma, dubitando e credendo che San Lucio distribuisse ai poveri anche i suoi beni lo trattava duramente ed infine lo uccise con un coltello”. Filippo Ferrari negli “Acta Sanctorum” accenna ad una tradizione leggermente diversa, circa la sua morte: “Essendo il pastore al servizio di un padrone avaro e dando il suo ai poveri, fu dal padrone cacciato. Messosi al servizio di altro avvenne che quest’ultimo vide rapidamente moltiplicati i suoi greggi e prodotti, mentre il primo andava in miseria. Questi spinto dall’invidia e dall’odio uccise il servo di Dio”.

La tradizione lo vuole ucciso dal primo padrone proprio sul Passo che porta il suo nome. La leggenda racconta che sul luogo del delitto sgorgò una fonte che formò un laghetto. San Lucio è invocato anche per la conservazione della vista: gli ammalati proprio nell’acqua di quel famoso laghetto si lavavano gli occhi, che nel giorno della festa, il 12 luglio il giorno in cui avvenne il martirio del santo, si racconta si tingeva di rosso. I più anziani del paese ricorderanno che all’altare di San Lucio erano appesi occhi e gambe di cera come ex voto (come si può vedere nelle foto più antiche e stampate su cartoline a colori*). Un altro patronato è quello del tempo, ossia delle favorevoli condizioni atmosferiche: ottenere il sole e la pioggia secondo la necessità.

San Lucio definito santo popolare, in quanto non proclamato ufficialmente santo, aveva ricevuto fama ed importanza anche dalla visita pastorale di San Carlo Borromeo nel luglio 1582, fermatosi in preghiera all’oratorio alpestre per quasi una giornata. Si racconta che nella chiesetta di San Lucio si trattenne fino a sera, per poi scendere di notte “con tenebre così folte” in Val Colla. A questa visita è legata la leggenda del “furto della merenda”, secondo cui i Cavargnoni incaricati di portare i viveri di San Carlo e dei suoi, vedendo tanto ben di Dio che loro non se lo sognavano neppure di notte, non seppero resistere e, approfittando di una distrazione dei destinatari, fecero piazza pulita di tutto.

Ancora ai giorni nostri la gente ricorda San Lucio, presso l’oratorio montano, due volte l’anno: al 12 luglio, ricorrenza dell’onomastico e, secondo la tradizione, giorno del martirio, con la celebrazione della messa nell’ambito di una cerimonia di devozione e di preghiera e al 16 agosto, festa di San Rocco, con la celebrazione della messa al mattino, nel contesto di una sagra popolare, con cibi, bevande e musiche tradizionali.

L’Oratorio

È risaputo che in prossimità del valico (culmen romano) esisteva un tempietto/stele detto “pro itu et reditu”, dove i viandanti offrivano oboli per propiziarsi la divinità durante il viaggio: non è ad oggi documentato, ma è ipotizzabile, che anche al passo San Lucio esisteva un manufatto votivo. Dal “Liber Sanctorum Mediolani” (1289) attribuito a Goffredo da Bussero, emerge che a Cavargna esisteva un oratorio dedicato a San Nabore. È tradizione in Cavargna salire al passo il 12 luglio, giorno dedicato a San Nabore, è dunque verosimile credere che al valico di San Lucio, esistesse già nel Medioevo un oratorio dedicato a San Nabore sorto su un “pro itu ed reditu” pagano. Nel 1358 al passo viveva un certo frate Viola “eremita a S. Luguzon de Cavargna”. Se ne deduce che il martirio di san Lucio doveva essere avvenuto nel periodo fra il 1289 ed il 1358. Nel corso di questi 70 anni l’oratorio montano ha mutato la propria dedicazione da Nabore in Luguzzone. Il primitivo oratorio di San Nabore ed il successivo di San Luguzzone, poi Lucio, dovevano avere una duplice funzione: culturale e di ospitalità per i viandanti.

Cavargna e la chiesetta di San Lucio in una carta topografica della fine del Cinquecento ( archivio di Curia)

L’oratorio montano di San Lucio è posto a quota di 1542 metri s.l.m., sorge sul confine italo-svizzero in territorio italiano, in quel punto dove la montagna si abbassa a formare una conca, a tre metri circa dal cippo di confine. È l’oratorio più alto di tutta la valle e dintorni. È un edificio allungato ad una sola navata che consta di quattro campate e presbiterio. Esternamente è semplice: sul fianco destro una bassa torre, coperta da una piramide, nella quale è collocata una campana; sul davanti c’è un portico piuttosto basso ed aperto ad arco ai tre lati, a sinistra della chiesa la sagrestia e la cappella di San Rocco formano due corpi sporgenti, congiunti tra loro da un piccolo corridoio.

L’edificio è coperto da piode. Il pavimento consta di grandi lastre di pietra di forma quadrata e di una grossa macina da mulino, interrata nel pronao all’ingresso dell’oratorio, spaccata e riutilizzata come “pietra sacra”.

Il restauro degli affreschi è stato condotto da Paola Villa e collaboratori: i lavori cominciarono nel 1987 e furono terminati, per quanto concerne i dipinti, nell’estate 1998. I restauri condotti da Paola Villa hanno consentito di recuperare una significativa testimonianza di fede e di devozione, permettendo la salvaguardia di un sacro edificio nella sua peculiarità di antica chiesetta montana, periferica e isolata.

La cronologia degli affreschi varia dal XV al XVIII secoli, vede accostati pittori dalla mano sciolta e dallo stile ritardatario, ma capaci di interpretare una religiosità popolare forte. La continuità del culto è comprovata dalla ripetizione dell’effige di san Lucio. La fonte più preziosa è la descrizione fatta in occasione della visita del cardinal Federico Borromeo nel 1606.

Le volte della prima campata, presso la porta d’ingresso principale, sono dedicate ad episodi della Vita di San Lucio, con al centro un Padre Eterno benedicente che regge il globo nella sinistra. La vela est presenta San Lucio che distribuisce formaggio ai poveri in ginocchio ai suoi fianchi e nella parte in basso della vela in piccolo è raffigurata una persona inseguita da un orso, nell’atto di rivolgersi al Santo protettore che lo salva e al quale riconoscente offre il dipinto, quale ex voto. La vela sud presenta l’incontro di San Lucio con un povero vecchio, in un ampio contesto paesaggistico, con mucche al pascolo e case di paese. La vela nord attualmente presenta solo un crocifisso, il resto del dipinto è scomparso. La vela ovest presenta San Lucio al centro nella tipica posizione dell’orante con le braccia alzate al cielo, fra due santi martiri in vesti di diacono, a sinistra San Lorenzo (patrono di Cavargna), a destra Santo Stefano, o San Vincenzo, un martire tra i martiri. Dipinti ritenuti del Cinquecento.

Nel sottarco tra la prima e la seconda campata, tre clipei racchiudono i busti di tre profeti, da nord a sud, Samuele, Aronne, Zaccaria.

Nella seconda campata si vedono: al centro un Agnus Dei, nelle vele un Padre Eterno e gli Evangelisti, a nord Giovanni con l’aquila, ad est Marco con il leone, manca la vela sud con Luca e Matteo.

Sulla parete a sud è parzialmente visibile un Sant’Antonio Abate col fuoco in mano. Sulla parete nord sono visibili, in parte, una Madonna col Bambino affiancata da San Lucio e da San Giovanni Battista.

Sull’arco tra la seconda e la terza campata è presente un Sant’Antonio Abate, quattrocentesco.

Sulla volta della terza campata rimane una delicatissima Madonna col Bambino Gesù, proteso verso l’albero che si piega verso di lui. La parete sud presenta l’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele, la parete nord è stata sfondata nel Settecento per realizzare la Cappella di San Rocco.

La quarta campata (antica parte presbiteriale, prima della costruzione nel Settecento dell’attuale zona absidale con l’altare) presenta sulla volta nella vela verso l’ingresso una Madonna della Misericordia che protegge i fedeli, nelle vele laterali i Dottori della Chiesa e gli Evangelisti, questi non più visibili.

Sulla parete nord la Madonna che allatta seduta in trono con i Santi Antonio e Lucio, sulla parete sud un San Giovanni Battista e un San Bartolomeo, mentre l’apertura successiva della finestra ha provocato quasi completamente la perdita di un Sant’Antonio e di un San Lucio.

Sotto il San Giovanni Battista e il San Bartolomeo, è presente una fascia bianca su cui spiccano grosse lettere nere. Prima leggiamo la data “CCCXXXV die III mensis septembris” che potrebbe essere o 1335/1435 a seconda di quanto doveva precedere le tre C. Poi “Jacobus dictus barbeta de Cavargna” abitat in Castello…t…”, questo signor Giacomo era di Cavargna e portava il soprannome di “barbetta”, ma non viveva a Cavargna, bensì in un castello. Il “castello” in cui viveva il “barbeta” poteva essere l’attuale Castel San Pietro, in comune di Carlazzo, a quel tempo la fortificazione per eccellenza della zona, non lontano dal bosco della Val Cavargna”.

Dopo l’aggiunta della quinta campata la volta dell’attuale zona presbiteriale presenta la Gloria di San Lucio, dipinto attribuito a Giovan Battista Pozzo, artista della Valsolda, attivo nel Settecento anche a Porlezza presso la Parrocchiale di San Vittore.

Un dipinto su rame raffigurante San Lucio che distribuisce il formaggio ai poveri, ritenuto del XVII secolo, già presso l’oratorio montano, si trova ora, dopo il restauro, nella parrocchiale di S.Lorenzo Martire di Cavargna.

Una statua lignea raffigurante San Lucio, ritenuta del XVIII secolo, ma che presentando stilemi quattrocenteschi potrebbe essere la riproposizione di una statua più antica e una statua lignea raffigurante San Rocco con il cane Reste, del XVIII secolo, già presso l’oratorio montano sono ora esposte presso il Museo della Valle a Cavargna.

A pochi passi dall’oratorio, proprio sulla linea di confine, sorge la cappelletta di San Luzonino, che la tradizione indica come il luogo preciso dell’assassinio del santo e, forse, del suo sepolcro. Lo Stückelberg la chiama “Cappella di Sant’Anna” e la fa risalire al 1800, ma sembra più antica.

Per approfondire:

“San Lucio di Cavargna (San Luguzzone, S. Uguzzo, Sant’Uguccione): il Santo, la Chiesa, il Culto, l’Iconografia”, a cura dell'Associazione “Amici di Cavargna", 2000, un’edizione completamente rinnovata e sostanzialmente ampliata, che presenta nella parte relativa al santo, un approfondimento sulle fonti della tradizione popolare, con testi legati alla vita di San Lucio e diffusi nei secoli passati, nella parte dedicata alla chiesa, esperti specialisti hanno illustrato il sacro edificio, le sue pitture, il suo contenuto storico ed artistico ed i recenti interventi di restauro, oltre alla parte relativa alla diffusione del culto e dell’iconografia di San Lucio, che ha consentito di trovare testimonianze del Santo in territori anche distanti dalla Val Cavargna:

  • In Val Cavargna e nei territori limitrofi: Carlazzo, Corrido, Gravedona, Lanzo Intelvi – Scaria, Osteno, Passo del San Lucio, Porlezza, San Bartolomeo V.C., Valsolda.
  • In Ticino: Ascona, Biasca, Carona, Giornico, Isone, Lamone, Lugano, Maggia, Medeglia, Peccia, Semione, Sonvico, Verscio.
  • In Lombardia: Diocesi di Milano, Milano, Abbiategrasso, Barni, Civate, Cogliate, Lurago Marinone, Malnate, Moncucco – Brugherio, Precotto; Diocesi di Bergamo, Bergamo, Chiuduno, Clusone, Valgolglio; Diocesi di Brescia, Brescia; Diocesi di Cremona, Gadesco – Pieve Delmona; Diocesi di Novara, Pizzanco di Bognanco, Bognanco, Belgirate, Cravegna, Domodossola, Massino Visconti, Paruzzaro, Varallo Sesia.
  • In Emilia: Parma, Piacenza
  • In Francia e in Svizzera: la Gilda dei Casari, Confraternita di S. Uguzzone.

Come arrivare:

Da Cavargna: Passeggiata per coste e dorsali erbosi sino a mt 1542 di altitudine, con itinerario Cavargna – Monti Coloné – San Lucio – Cavargna. Percorso di medio impegno fisico a causa della forte pendenza. Periodo consigliato: tutto l’anno, tempo permettendolo, e con adeguata attrezzatura anche con neve.

Da Cavargna, nei pressi della parrocchiale, si prende il sentiero a sinistra della chiesa, che porta in ripida salita alla Colonia del Dolai. Continuando a salire si entra in Val Marda, al limitare di un faggeto, denominato “Bosco Sacro”, valida protezione paravalanghe. Superato un torrente su un ponticello e salito un tortuoso sentiero si prosegue sino ad imboccare un tratto sterrato che conduce in salita al nucleo dei Monti Coloné ( 1400 m), in posizione panoramica sulla valle, all’altezza della fontana si seguono le tracce a destra che puntano alla larga dorsale principale. Tra prati e cespugli si giunge alla chiesetta di san Lucio, sull’omonimo valico sul confine svizzero con la Val Colla.

Da Val Rezzo: Dalla località Dasio prendere la strada che porta alla Madonna del Cep (1330 m). Raggiungiamo subito dopo la località Roccoli (1379 m), da cui si può proseguire salendo per il bosco di faggi di fronte a noi o seguire la carrozzabile a sinistra e seguendo le indicazioni ai bivi raggiungere il Passo San Lucio (1540 m).

Alloggi e ristorazione: Rifugio San Lucio, Capanna San Lucio

 

 

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